Il pareggio di sabato con l’Empoli è stato un altro boccone amaro da digerire. Non tanto per il risultato, che poteva starci, quanto per il modo in cui è maturato. E dall’ennesima rimonta subita nel secondo tempo sono scaturite parecchie critiche a Gilardino e alla squadra, alcune condivisibili altre meno.
Partiamo dal presupposto che il Genoa è in linea con il suo obiettivo stagionale, quello della salvezza. A parte Blazquez, che ha sempre provato ad alzare l’asticella, il club in quasi tutte le sue componenti ha sempre parlato di permanenza in Serie A. A volte anche in modo stucchevole. Il mio parere, infatti, è che ci sia salvezza e salvezza e che parlare di obiettivo 17esimo posto sia un insulto. Perché un conto è salvarsi all’ultima giornata, un altro è giocarsi le ultime cinque o sei partite con la leggerezza di chi è arrivato al traguardo.
Tornando alla partita con l’Empoli, ribadisco quanto già scritto: secondo me il Genoa ha fatto la sua onesta prestazione. Chi è deluso, evidentemente, credeva e crede che l’organico del Genoa possa fare in un sol boccone l’Empoli, ma la realtà è molto diversa.
Il vero peccato mortale è aver gettato al vento, in questa prima parte di stagione, almeno 7-8 punti che avrebbero potuto dare un senso diverso a questo campionato. Ma quando ti sfuggono dalle mani partite come questa, in maniera quasi sistematica, significa che qualcosa non funziona appieno. O che comunque ci sono dei limiti strutturali.
Sicuramente condivisibili alcune critiche a Gila, soprattuto sui cambi – per me ne fa troppi, tutti insieme – ma certi commenti dopo Empoli li ho trovate esagerati. Come se fossi lui ad ostacolare il potenziale di questo Genoa. Ma il potenziale di questo Genoa, magari inespresso per via dei tanti infortuni, non è così diverso dalla realtà attuale. Potrebbe avere una manciata di punti in più, ma ad oggi con le tante assenze che ha avuto non si poteva prendere di più.
L’auspicio è che la squadra tenga la barra dritta e riesca a lavorare meglio sui propri punti deboli, che ci sono e non sono pochi. Riconoscerlo sarebbe un passo avanti, evitando di sovrastimare il lavoro fatto in estate.