Un tempio ateo, dove si va cercando speranza, portando avanti una tradizione tramandata di padre in figlio. Teatro di gioie e dolori, lacrime e urla, amicizia e amore, il suo sipario sono le centinaia di bandiere che sferzano il vento colmo di salsedine e il suo palco è un manto verde smeraldo, teatro di epiche vittorie e doloranti sconfitte.
Dopo una serie di lavori di ristrutturazione e ingrandimento, lo stadio di Marassi venne nuovamente inaugurato il 1° gennaio 1933 e intitolato al capitano del Genoa Luigi Ferraris, caduto durante la Prima Guerra Mondiale. Durante la cerimonia di intitolazione, in prossimità della porta sotto la Gradinata Nord, venne sotterrata la sua medaglia d’argento al valor militare.
Fu uno degli stati più moderni dell’epoca e ancora oggi è forse uno degli stadi più suggestivi d’Italia: chiunque varchi quei cancelli si trova avvolto da un’atmosfera surreale e magica. E questa magia è accentuata durante i derby, quando la Gradinata Nord è pronta a dare il meglio di sé con coreografie mozzafiato.
E persino a Dublino, in uno dei tanti pub del centro, dopo alcune pinte di Guinness e aneddoti sull’Italia, sul Genoa e sul rugby, un irlandese mi disse “Ah, the red stadium…it’s magic”.